Cosi\` si chiude l’[articolo](http://www.agendadigitale.eu/competenze-digitali/550_per-favore-non-chiamateli-nativi-digitali.htm) di [Paolo Attivissimo](http://www.attivissimo.net/) sui (falsi) nativi digitali, su quelli che per molti genitori sono piccoli Mozart della tecnologia capaci di maneggiare con naturalezza dispositivi piatti e lucidi e di navigare senza impacci in un mare di icone quadrate. Ma fra queste icone non si cela la conoscenza. Gli smartphone e tutti i dispositivi che molti di noi definiscono perfino [_intimi_](http://www.ilpost.it/2014/10/07/recensione-iphone-6-plus-mantellini/) __nonostante rendono la connessione al web trasparente, impalpabile, sono scatole chiuse sia fisicamente che legalmente, e ci privano quindi della possibilita\` (e del diritto) di smontare, aprire, guardare e diventare _hacker_ (nel senso originario del [termine](https://en.wikipedia.org/wiki/Hacker_%28programmer_subculture%29)). I dispositivi mobili non stanno costruendo la strada verso la conoscenza e la liberta\` democratica, stanno fissando attorno a noi un alto recinto protetto dal falso mito di un Web 2.0 democratico. #### Chi trova un amico… trova un business #### Nel 1970 gli sviluppatori del sistema [Xerox Star](https://en.wikipedia.org/wiki/Xerox_Star) introdussero nei loro sistema il [Desktop](https://it.wikipedia.org/wiki/Metafora_della_scrivania). La “scrivania” non e\` altro che una metafora che venne usata da [Alan Kay](https://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Kay) e dal [centro di ricerca Xerox](https://it.wikipedia.org/wiki/Xerox_Palo_Alto_Research_Center) per poter permettere agli utenti di orientarsi in un ambiente del tutto estraneo utilizzando metafore che si ricollegano ad oggetti del tutto conosciuti. 40 anni dopo il desktop e\` praticamente scomparso, non serve perche\` ormai i nuovi dispositivi portatili sono fool-proof (almeno per i “nativi digitali”) ed invece si e\` affermata una nuova metafora vincente: _l’amicizia_. L’amicizia e\` la metafora che alimenta il business delle piattaforme nel mondo del web sociale, e le stesse piattaforme agiscono da filtro per la nostra esperienza nel web e nel mondo reale. Cosi\` come i fotografi con la passione e l’esperienza sviluppano l’occhio da inquadratura, i “nativi digitali” acquisiscono l’occhio da social, quella skill che permette loro di riconoscere l’occasione giusta per misurarsi con una condivisione in piu\`. Ma la metafora dell’amicizia sta anche alimentando attorno a noi una “[filter bubble](http://dontbubble.us/)” che attraverso algoritmi sceglie cosa nasconderci. La ricerca di Google, in generale tutto il web della “smart personalization”, come definito da [Eli Pariser](http://www.thefilterbubble.com/) nel suo libro “[What the Internet is hiding from you](http://www.amazon.co.uk/Filter-Bubble-What-Internet-Hiding/dp/067092038X/)“, non fa altro che restituirci una ricerca distorta e chiusa tra noi e i nostri _amici_, dei risultati che “sono percepiti” come migliori. Inoltre cosa succede quando, cosi\` come lo studente reputato dal professore poco intelligente finisce per agire come tale, il nostro motore di ricerca e il nostro social network decidono chi siamo? #### Che la rete non ci catturiFacebook per molti utenti è l’unico sito visitato, tanto da essere per molti sinonimo e sostituto integrale di Internet. Qui le regole d’uso vengono decise unilateralmente, senza dibattito […] È un ambiente chiuso, controllato secondo criteri bizzarri e soprattutto insindacabili. Il parco pubblico è stato sostituito dal centro commerciale. E ad un miliardo e cento milioni di utenti questo va benissimo.
I dati indicano che stiamo rinunciando progressivamente agli elementi tecnici fondamentali che hanno permesso lo sviluppo della Rete, sostituendoli con un ecosistema hardware e software progressivamente sempre più chiuso. La mia preoccupazione è che tutto questo non crea nativi digitali. Crea polli di batteria
Se il Web di [Tim Berners Lee](https://en.wikipedia.org/wiki/Tim_Berners-Lee) era il Web della possibilita\`, il Web 2.0 e\` il Web della consapevolezza. Dobbiamo imparare a tracciare un confine fra noi e le piattaforme, dobbiamo capire quanto sono alti i muri che “gli ecosistemi digitali”, termine quanto mai improprio, costruiscono attorno a noi, dobbiamo sapere quali dati sono nostri, quali dati possiamo barattare. Per evitare che il servizio ci trasformi in servitori. Per evitare che la piattaforma si trasformi in una gabbia dorata. E soprattutto perche\` per pensare digitale e\` comunque necessario prima pensare.dsully: please describe web 2.0 to me in 2 sentences or less.
jwb: you make all the content. they keep all the revenue – bash.org
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